Un avvocato curava la domanda di ammissione del credito del proprio cliente al passivo del fallimento del debitore. Considerate le capacità reddituali e patrimoniali del cliente, il difensore faceva richiesta di liquidazione delle proprie spettanze a carico dello Stato.
Il Tribunale respingeva la domanda perché, per la presentazione dell’istanza di ammissione al passivo, non è prevista la necessità del patrocinio legale.
L’avvocato proponeva opposizione, che veniva accolta e, di conseguenza, liquidate le spese a suo favore.
Il Ministero della Giustizia proponeva ricorso in Cassazione contro il provvedimento di accoglimento dell’opposizione. Sosteneva il Ministero che non è possibile riconoscere le spese legali quando il patrocinio non è necessario, potendo la parte stare in giudizio personalmente. La ratio dell’istituto, infatti, risiederebbe, non tanto nel diritto all’assistenza legale, quanto nel consentire l’accesso alla tutela giurisdizionale dei propri diritti. Allorché nulla ostacoli l’accesso alla tutela (come nel caso di specie), non vi sarebbe alcuna ragione per far operare il beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 11858/2020, depositata il 18.06.2020, respinge il ricorso del Ministero opponente.
Ritiene la Corte che il patrocinio a spese dello Stato vada assicurato in ogni procedimento civile, anche quando l’assistenza tecnica del difensore non è necessaria. L’accessibilità alla giustizia, infatti, deve essere accordata rispettando una lettura sostanziale (e non solo formale) del principio egalitario. Non consentire il beneficio nelle ipotesi di non necessità della difesa tecnica lascerebbe persistere quella “disparità di partenza” che la Repubblica si è impegnata a rimuovere con l’adozione della Carta Costituzionale.
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