Nel 2007 entrava in vigore il Decreto Legislativo n. 231/2007, la c.d. Legge Antiriciclaggio.
Tra le varie previsioni vi è, all’art. 49 (Limitazione all’uso del contante e dei titoli al portatore) così come modificato nel 2011, l’obbligo per gli assegni bancari e postali pari e superiori a €. 1.000,00 di recare l’indicazione del nome o ragione sociale del beneficiario e la clausola di intrasferibilità.
La sanzione (inasprita nel 2017) prevista dall’art. 63 va da un minimo di €. 3.000,00 ad un massimo di €. 50.000,00, con possibilità di quintuplicare la sanzione laddove l’assegno è superiore a €. 250.000,00. Al di là dell’ipotesi più grave, la sanzione non è di poco conto e, nella normalità delle ipotesi, supera l’importo dell’assegno emesso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), in data 12.03.2018, ha fatto il punto della situazione a poco più di dieci anni dall’entrata in vigore della normativa, in quanto tutt’ora riceve numerose segnalazioni di assegni emessi senza la clausola di intrasferibilità. Vengono, infatti, ancora emessi assegni superiori a €. 999,99 liberamente trasferibili, nonostante l’obbligo per le banche, vigente dal 2008 di stampare carnet di assegni già recanti la clausola di non trasferibilità.
Questo perché i vecchi libretti non hanno perso la loro validità.
Capita, quindi, che l’assegno venga compilato, dimenticandosi in buona fede l’obbligo di limitarne la trasferibilità.
Alcuni casi eclatanti hanno portato il Ministero a valutare, in questi giorni, la possibilità di ridurre le sanzioni. Perché, se è vero che si può ricorrere all’oblazione, è anche vero che l’istituto – applicato ai minimi e massimali edittali previsti dall’art. 63 – rischia di fare danni maggiori.
Ricordiamo, infatti, che ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 della L. 689/1981: “E’ ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.” Nelle ipotesi che qui ci interessano, il versamento da effettuare, in caso di oblazione, sarebbe pari a €. 6.000,00.
L’intento del Ministero, per concludere, è recuperare una certa proporzionalità tra l’importo trasferito e la sanzione.
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